mercoledì 17 gennaio 2018

Go, Simone, go!

Simone Biles, la ginnasta statunitense che all'età di diciannove anni ha incantato il pubblico delle Olimpiadi di Rio 2016 con le sue strabilianti performance, ha affidato a un tweet il suo stato d'animo adesso che sono venuti alla luce gli abusi che ha dovuto subire dall'ex medico della nazionale USA di ginnastica artistica Larry Nassar; una sorte che la accomuna a molte altre donne. Poiché i 280 caratteri – da qualche mese a questa parte non sono più limitati a 140 – disponibili per un tweet erano pur sempre troppo pochi per contenere il suo pensiero, il testo compare sotto forma di immagine allegata.
Ne riporto la traduzione qui di seguito, perché trovo che sia la risposta migliore possibile per provare a far riflettere chi, di fronte alla valanga di denunce di molestie emerse negli ultimi mesi e contrassegnate da hashtag come #quellavoltache (italiane apripista nel mondo), #MeToo, #BalanceTonPorc eccetera, si ostina a fare spallucce e a obiettare cose del tipo «Perché non ha denunciato prima?», o peggio «Magari se l'è cercata».
La maggior parte di voi mi conosce come una ragazza felice, allegra ed energica. Ma ultimamente... mi sono sentita un po' a pezzi, e più cerco di far tacere la voce nella mia testa, più forte quella urla. Non ho più paura di raccontare la mia storia.
Anch'io sono una delle tante sopravvissute agli abusi sessuali da parte di Larry Nassar. Vi prego di credermi quando dico che è stato molto più difficile pronunciare prima quelle parole a voce alta di quanto non lo sia adesso metterle per iscritto. Ci sono molte ragioni per cui sono stata riluttante a condividere la mia storia, ma ora so che non è colpa mia.
Non è normale ricevere alcun tipo di trattamento da un medico di fiducia della squadra e riferirsi ad esso in modo orribile come trattamento "speciale". Questo comportamento è completamente inaccettabile, disgustoso e violento, specie se proviene da qualcuno del quale mi era stato DETTO di fidarmi.
Per troppo tempo mi sono chiesta: «Sono stata troppo ingenua? È stata colpa mia?». Ora conosco la risposta a queste domande. No. No, non è stata colpa mia. No, non voglio e non devo portare la colpa che appartiene a Larry Nassar, alla federazione USA Gymnastics e ad altri.
È incredibilmente difficile rivivere queste esperienze, e mi spezza il cuore ancora di più il pensiero che, quando mi allenerò per realizzare il mio sogno di gareggiare a Tokyo 2020, dovrò tornare di continuo nella stessa struttura di allenamento dove ho subito gli abusi.
Dopo aver ascoltato le storie coraggiose delle mie amiche e di altre sopravvissute, so che questa orribile esperienza non mi definisce. Io sono molto più di questo. Sono unica, intelligente, di talento, motivata e appassionata. Ho promesso a me stessa che la mia storia sarà molto più grande di questa, e prometto a tutti voi che non mi arrenderò mai. Gareggerò con tutto il cuore e con tutta l'anima ogni volta che metterò piede in palestra. Amo troppo questo sport, e non sono mai stata una che si arrende. Non lascerò che un uomo, e gli altri che glielo hanno permesso, rubino il mio amore e la mia gioia.
Dobbiamo sapere perché è stato possibile che questo succedesse per così tanto tempo e a così tante di noi. Dobbiamo assicurarci che una cosa del genere non accada mai più.
Mentre continuo ad allenarmi con questo dolore, chiedo gentilmente a tutti di rispettare la mia privacy. Questo è un processo, e ho bisogno di più tempo per affrontarlo.
Un bacio e un abbraccio, Simone Biles

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