martedì 14 novembre 2017

E adesso per chi si fa il tifo?

Essendo uscita perdente dal doppio confronto ai playoff contro la Svezia, che ieri sera a Milano è riuscita a bloccare il risultato sullo 0-0 dopo aver vinto 1-0 all'andata, la nazionale italiana di calcio non parteciperà ai Mondiali che si giocheranno in Russia l'anno prossimo. Non capitava da sessant'anni che gli azzurri rimanessero fuori: nel 1958 fu l'Irlanda del Nord, alla sua prima partecipazione a una fase finale, a negarci il visto per la Svezia (arieccola), solo che all'epoca si qualificavano solo 16 squadre anziché 32 come avviene oggi.
Il mio interesse nei confronti della Nazionale non ha fatto altro che scemare dopo l'indimenticabile vittoria ai Mondiali del 2006, quando in panchina c'era Marcello Lippi. Da allora si sono succeduti diversi allenatori: Roberto Donadoni, di nuovo Lippi, Cesare Prandelli, Antonio Conte, per raggiungere il punto probabilmente più basso della storia azzurra con Gian Piero Ventura, un uomo con il carisma di un bradipo, e un figuro come Carlo Tavecchio alla guida della FIGC. Questo non significa che ieri sera io non abbia trepidato davanti al teleschermo a ogni azione promettente dei nostri ragazzi, né che non avessi gli occhi lucidi quando nel dopopartita ho sentito parlare con voce rotta dall'emozione il "mio" portiere Gianluigi Buffon, per il quale il prossimo sarebbe potuto essere il sesto Mondiale disputato – un record assoluto – nonché l'ultimo di una splendida carriera.
Alcuni "facciamici" che rivendicano un totale disinteresse nei confronti del calcio hanno fatto commenti sprezzanti del tipo «L'Italia fuori dai Mondiali? E chissenefrega... A me non ne viene in tasca niente né in un caso né nell'altro, ed è una di quelle cose che non cambiano di certo la vita». In realtà non saranno mica in pochi a risentirne in maniera concreta: questo articolo riepiloga alcuni degli effetti economici dell'esclusione degli azzurri da Russia 2018. Per non parlare degli effetti "sentimentali", per spiegare i quali mi permetto di prendere a prestito i post di altri miei contatti, in ordine di lunghezza crescente: Gianandrea...
Il calcio è un collante sociale perché è un fenomeno sociale. Il calcio è parte integrante della vita sociale di una nazione ed è uno straordinario motore economico. Non si dice una cosa di destra né di sinistra, con questa affermazione. Che vi piaccia o meno.
... Marco...
Leggo critiche e ironie, ma a me la cosa sul "livello sociale" detta ieri sera da Buffon sembra bella e vera, anzi forse la cosa più bella e più vera detta in tutta l'intervista. Il Mondiale, più che una manifestazione sportiva, è un grande rito collettivo fatto di grigliate, birre, strade deserte col profumo dei tigli, boati che le riempiono all'improvviso, corse a casa prima che inizi la partita, pub e bar sulla spiaggia attrezzati con lo schermo, bambini che giocano coi pali fatti di zaini e che gridano i nomi dei campioni del momento, offerte speciali nei supermercati, palinsesti televisivi stravolti, chiacchiere chiacchiere e chiacchiere e, quando poi va bene, strade piene di gente, e clacson, e bandiere, e fontane. A me, e penso anche a tanti di voi, la cosa che ruga di più è proprio aver perso tutto questo.
... e Fabio.
Dobbiamo prendere consapevolezza, chi più chi meno, che dalla sconfitta dell'Italia ne usciamo un po' tutti perdenti, indipendentemente dall'esser tifosi, amanti del calcio, italiani o politici.
Ha perso chi ama lo sport, chi è appassionato di calcio, chi gioisce, chi si esalta e chi si arrabbia di fronte ad una partita, poiché questo sarà probabilmente il suo primo mondiale in cui non potrà tifare per la propria squadra.
Hanno perso famiglie e amici che durante il mondiale si ritrovano per tifare insieme la nazionale e divertirsi di fronte ad una occasione che volenti o nolenti, aggrega moltissimo, indipendentemente dalla passione per il calcio.
Ha perso il movimento sportivo italiano poiché il suo sport più rappresentativo non è stato in grado di competere al livello che meriterebbe per storia, generando un decadimento percettivo di questo sport sui più giovani.
Ha perso una nazione che non sarà rappresentata ad uno degli eventi più importanti a livello sportivo mondiale, indipendentemente da politica, bandiera o fazione, perché il mondiale, al pari delle Olimpiadi, è Sport e per questo deve esser percepito.
Hanno perso associazioni, società, aziende e stakeholder di un indotto economico importante che vive anche di risultati di questo tipo e che per questa mancanza, vista la perdita economica ed il mancato introito di questo spettacolo, non potrà investire per crescere e competere a livelli più alti.
Come al solito, e questo non stupisce, non hanno perso tutti quelli che di fronte a queste occasioni, ghiotte, parlano senza comprendere questo risultato.
Il calcio, che ci piaccia o no, che lo si ritenga becero perché fatto di troppi interessi, che lo si percepisca come stupido perchè fatto di 22 persone che rincorrono un pallone, ha un impatto più ampio, che non si ferma allo stadio e al campo.
L'effetto di questo lo vivremo il giorno in cui staremo lì a guardare l'apertura dell'evento ed ascolteremo il fischio di inizio del mondiale di calcio 2018 in cui non saremo presenti.
Peccato.
Per sdrammatizzare un po', concludo condividendo due simpatiche immagini tratte dalla pagina Le più belle frasi di Osho; la prima è stata pubblicata ieri prima della partita...


... mentre la seconda stamattina, a giochi ormai fatti.

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