sabato 19 marzo 2016

Non per tutti oggi è festa...

Quella di quest'anno è la prima festa del papà che debbo affrontare da quando ho perduto il mio: sono trascorsi dieci mesi esatti da quando lui è caduto, e dieci giorni dopo abbiamo avuto la certezza che non si sarebbe mai più rialzato. :'-(
In epoca pre-internet e pre-social, questa ricorrenza non mi avrebbe fatto così tanto effetto nella stessa situazione... e invece, dopo che le newsletter di Amazon, Groupon & company mi hanno subissata per giorni di idee regalo oramai del tutto inutili, ahimè, oggi mi ritrovo la timeline di Facebook invasa da figli che fanno gli auguri ai loro papà, padri orgogliosi dei loro figli, e dai più disparati articoli di approfondimento sulla festa odierna. Alcuni "facciamici" hanno dedicato un pensiero speciale al padre scomparso, ma io non me la sono sentita. Lo stesso Facebook mi ha invitata a scrivere un post a tema...


... e io non ho potuto fare a meno di pensare che la potenza di calcolo con la quale il social scandaglia le mie interazioni allo scopo di propinarmi pubblicità mirate potrebbe essere più utilmente impiegata per analizzare la mia bacheca ed evitare di mettere il dito nella piaga... ma vabbè, magari la tecnologia non è ancora evoluta a sufficienza, e se anche lo fosse non risulterebbe abbastanza remunerativa. :-/
Condivido due status di oggi, uno spiritoso di Gianluigi Riva...
Aiutiamo i Papà a casa loro.
... e uno leggermente più acido di Luca Bizzarri.
Vi ricordo che molti dei vostri papà non hanno Facebook. Ma il telefono sì. Se poteste evitare lo scaramellamento, grazie.
Non ho idea se suo padre sia ancora in vita o meno, ma trovo che le sue parole abbiano senso in ogni caso. Davvero, non mi spiego perché la gente tenda così spesso a ostentare, e magari ingigantire, i momenti belli della sua vita agli occhi del mondo... o meglio me lo spiego, ma la spiegazione che mi sono data non mi piace. E non mi piacciono nemmeno i sentimenti che certe esibizioni di gioia mi suscitano; non parlerei di invidia, che è parente stretta della cattiveria, ma di certo non si tratta di emozioni positive e costruttive.
Tempo fa ho letto che, secondo una ricerca, raccontare agli amici le esperienze liete della nostra vita, anziché stimolare il loro interesse e la loro ammirazione come magari ci aspetteremmo, può avere l'effetto di farli sentire troppo distanti da noi. E se invece sono i nostri problemi che andiamo a confidare, sarà forse vero quello che dice Lou Holtz?...
Don't tell your problems to people: eighty percent don't care; and the other twenty percent are glad you have them.
... ovvero...
Non raccontare mai i tuoi problemi alle persone: all'80% non interessa, e l'altro 20% è contento che tu li abbia.
Passando alla sfera social, secondo Tim Urban per rendersi insopportabili su Facebook ci sono 7 modi, riassumibili nella semplice regola seguente: «Uno status di Facebook è molesto se gratifica principalmente l'autore e non offre nulla di positivo a chi lo legge».
Se si condivide solo la parte più luminosa delle proprie giornate tenendo per sé dolori piccoli e grandi, è normale che il prossimo si costruisca un'immagine della vita altrui assai più idilliaca di com'è in realtà: esemplare in tal senso è l'esperienza raccontata da Riccardo Falcinelli.
Concludo condividendo una bellissima frase che lo psicoterapeuta Roberto Cavaliere ha scritto riadattandone una di Sant'Agostino.
Il padre che ho amato
e che ho perduto
non è più dove ero
ma è ovunque io sono.

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