domenica 11 ottobre 2015

Vivere con un cromosoma in più


Oggi è la giornata nazionale delle persone con sindrome di Down. Purtroppo leggi notizie come questa e ti rendi conto che c'è ancora molta strada da fare per integrare in maniera ottimale queste persone nella società, vincendo pregiudizi troppo spesso infondati; sul settimanale satirico Charlie Hebdo è uscita una sgradevolissima vignetta in cui l'essere Down è usato a mo' di offesa. Trovo comprensibile che una donna incinta, scoprendo di avere in grembo un figlio con sindrome di Down, si domandi cosa ne sarà di lui quando i parenti più stretti non dovessero esserci più, e addirittura valuti l'eventualità di interrompere la gravidanza; terribile, ma comprensibile. In realtà le persone con sindrome di Down, se seguite nel modo giusto, sono in grado di rendersi autonome e perfino di guadagnarsi da vivere svolgendo un lavoro, ovviamente secondo le loro capacità individuali come avviene per chiunque altro: pensiamo a Pablo Pineda, l'attore protagonista del film Yo, también, che non era un semplice film. Ma se vengono ostacolate nei loro obiettivi di inserimento, come si fa?!
Qualche settimana fa ho notato questo messaggio di stato sulla pagina Facebook Buone notizie secondo Anna, alla quale ho già dedicato un post, e ho voluto saperne di più su cosa mai stessero combinando i "civilissimi" danesi. Ho trovato questo articolo del Washington Post scritto dall'olandese Renate Lindeman, madre di due figlie Down e portavoce del gruppo di genitori Downpride, dal titolo «Lo screening per la sindrome di Down non riguarda la salute pubblica. Riguarda l'eliminazione di un gruppo di persone» e con sottotitolo «La vita con la sindrome di Down è ancora degna di essere vissuta». Poiché l'ho trovato particolarmente significativo, ne riporto qui di seguito la traduzione quasi integrale.
Quando partorii la mia prima figlia 11 anni fa, udii le parole "sindrome di Down" e mi crollò il mondo addosso. Visioni di bambini seduti passivamente in un angolo a guardare la vita che passa, senza partecipare, mi tennero sveglia in quelle prime notti da mamma.
Non mi ci volle molto, però, per capire che le mie idee erano basate su informazioni negative obsolete che non avevano niente a che fare con la realtà odierna della vita con la sindrome di Down. Mia figlia April è una ragazza attiva e socievole. [...] Benché usi poche parole, lei è una comunicatrice nata. Grazie a lei ho imparato che la sindrome di Down non è la condizione terribile che comunemente si crede.
Ma mentre i governi (giustamente) vietano la selezione di genere, l'aborto selettivo continua ad essere incoraggiato per i bambini con sindrome di Down. Negli Stati Uniti e all'estero gli screening sono una parte di routine dei programmi di assistenza sanitaria, e il risultato è la quasi-eliminazione di questi bambini.
Quando ero incinta di mia figlia Hazel, le analisi mostrarono che anche lei sarebbe nata con la sindrome di Down. Rimasi scioccata quando un conoscente mi chiese perché non avessi scelto l'aborto, come se lei fosse un errore da poter cancellare facilmente. Sebbene i miei pregiudizi personali siano cambiati radicalmente dalla nascita della mia prima figlia con sindrome di Down, mi sono resa conto che gli atteggiamenti negativi nei riguardi di tale condizione [perché la sindrome di Down è una condizione cromosomica, non una malattia, NdC] restano profondamente radicati. Per molti, le mie figlie e quelli come loro sono esempi di sofferenze umane evitabili, nonché un onere finanziario. Sapere che la gente guarda le mie figlie in questo modo fa male, ma vedere i governi e gli operatori sanitari di tutto il mondo rafforzare questi pregiudizi promuovendo la selezione è abominevole.
La Danimarca è stata il primo Paese europeo ad introdurre lo screening di routine per la sindrome di Down nel 2006 come programma di assistenza sanitaria pubblica. La Francia, la Svizzera e altri Paesi europei l'hanno seguita a ruota. Il messaggio implicito ma ovvio è che la sindrome di Down è qualcosa di così indegno che non la vorremmo mai per i nostri figli o per la società. Con un livello di screening tra le donne danesi in gravidanza fino al 90 per cento, il Copenhagen Post ha riferito nel 2011 che la Danimarca «potrebbe essere un Paese senza un solo cittadino con sindrome di Down in un futuro non troppo lontano».
Nel 2011 è stata introdotta un'innovazione nelle analisi prenatali: il NIPT (Non Invasive Prenatal Test, test prenatale non invasivo). Questo test del DNA può, con ragionevole precisione, individuare la sindrome di Down all'inizio della gravidanza da una sola goccia di sangue prelevata dalla madre. Salutato da medici professionisti come il Santo Graal delle analisi prenatali, il NIPT si è diffuso velocemente in tutto il mondo.
Recenti ricerche in Gran Bretagna indicano che l'introduzione del NIPT conduce ad una maggiore diffusione dello screening. Con percentuali di aborto che variano in tutto il mondo dal 67 per cento circa negli Stati Uniti a una media del 92 per cento in Europa, questo promuoverà una de-selezione ancora più intensiva di feti con sindrome di Down, il che a sua volta influenzerà negativamente la loro posizione nella società.
Io non giudico le donne che scelgono di abortire. Dev'essere difficile affrontare i pregiudizi di medici professionisti, le persone di cui ti fidi di più riguardo alla salute e al benessere, quando sei incinta e vulnerabile. Uno studio del 2013 mostra che è 2,5 volte più probabile che i genitori abbiano un'esperienza negativa ricevendo la diagnosi iniziale di sindrome di Down, piuttosto che averne una positiva. Un partecipante su quattro ha detto di essere stato incoraggiato da un medico ad abortire, e molti hanno ricevuto informazioni inadeguate e ben poca compassione.
Con i test del DNA chiamati MaterniT21 che vengono comunemente denominati "Down test", l'obiettivo primario dell'analisi non necessita di ulteriori spiegazioni. Detesto la paura che viene alimentata da medici professionisti, dal settore medico e dai politici nei confronti dell'eventualità di dare alla luce un bambino con sindrome di Down. La sindrome di Down non provoca sofferenza umana. Il vero pericolo sta nelle voci che sostengono che i nostri bambini abbiano bisogno di essere testati prima di poter decidere chi è degno di vivere. Le donne non sono incubatrici di discendenti socialmente preferibili.
In qualità di mamma, di ex presidente di una società per la sindrome di Down e di portavoce del gruppo di genitori Downpride, trovo che la maggior parte delle persone con sindrome di Down possieda un entusiasmo enorme per la vita, il che le rende una compagnia molto piacevole, e ci sono molti resoconti di prima mano che descrivono la capacità delle persone con sindrome di Down di portare semplicità ed apertura nelle comunità. Ma questi aspetti della condizione rimangono poco studiati. Uno studio del 2011 ha mostrato che i fratelli e le sorelle di persone con sindrome di Down sentono un amore e un orgoglio enorme nei confronti dei loro cari; i partecipanti hanno anche attribuito al fatto di avere un fratello con sindrome di Down un miglioramento nelle loro vite e un aumento della loro empatia.
Tuttavia, come altri governi europei, i Paesi Bassi al momento stanno valutando di includere permanentemente il NIPT, mirato soprattutto alla sindrome di Down, nel loro programma di screening prenatale. Quest'anno sul New England Journal of Medicine è stato pubblicato uno studio americano-europeo-canadese sullo screening del DNA per la sindrome di Down. Dick Oepkes, presidente del consorzio olandese per il NIPT, ha definito i risultati "positivi", affermando in una recente intervista: «I sondaggi mostrano che per le donne è arduo attendere i risultati delle analisi. Offrire il test del DNA come primo passo permetterà alle donne disposte ad interrompere la gravidanza di fare la loro scelta prima di aver sentito il feto muoversi».
Il fatto ironico è che, per un bambino con sindrome di Down che nasce oggi, la prospettiva di vita non è mai stata migliore. I progressi medici e sociali hanno cambiato radicalmente cosa significa vivere con la sindrome di Down. La maggior parte delle persone con sindrome di Down sono incluse nelle scuole e nelle comunità. Vivono una vita più sana e più lunga, e molti adulti vivono in modo indipendente, hanno un lavoro e godono di una ricca vita sociale. Nel 2013 una giovane donna con sindrome di Down è diventata consigliere comunale in Spagna. Uno studio ha mostrato che la maggior parte delle persone con sindrome di Down riferisce di essere felice e soddisfatta, indipendentemente dalle loro capacità funzionali. Questo è il motivo per cui Downpride chiede all'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani di fermare lo screening sistematico per la sindrome di Down nel quadro di programmi di sanità pubblica e di regolamentare l'introduzione dei test genetici prenatali: i test dovrebbero essere utilizzati per migliorare la salute e il benessere, invece di discriminare le persone in base alla loro predisposizione genetica.
Lo screening e la selezione non dicono nulla riguardo al valore intrinseco delle persone con sindrome di Down. [...] Le mie figlie sono affascinanti, esigenti, deliziose, presenti, fastidiose, dipendenti, affettuose, coccolone, differenti, imprevedibili e assolutamente umane, proprio come gli altri bambini. Non sono un errore, un peso o un riflesso della mia "scelta personale", bensì parte integrante della società.

Nessun commento:

Posta un commento