sabato 12 ottobre 2013

Il coraggio di dire no

Da quando ho firmato la prima petizione sulla piattaforma dedicata Change.org, mi arriva regolarmente per posta elettronica una newsletter per comunicarmi il lancio di nuove raccolte di firme ed invitarmi a sostenerle se lo ritengo opportuno. È così che sono venuta a conoscenza della petizione Le donne cambiano la storia, cambiamo i libri di storia, lanciata dall'insegnante e blogger palermitana Mila Spicola e rivolta al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Scopo della petizione è quello di far inserire nei libri di storia di ogni ordine di scuola la vicenda di Franca Viola, prima donna italiana ad aver denunciato uno stupro, subito all'età di diciassette anni, e ad aver rifiutato il cosiddetto matrimonio riparatore, nella Sicilia degli anni Sessanta.
Ancor oggi tante, troppe volte le violenze sessuali vengono tenute segrete da chi le subisce, specialmente se si consumano nell'ambito familiare... ma denunciare uno stupro è una prassi che oramai ha preso piede, per fortuna. Cerchiamo invece di immaginare di quanto coraggio si sia dovuta armare quasi cinquant'anni fa quella ragazza siciliana per sfidare odiose consuetudini sociali che tendevano a trasformare la donna, da vittima che era, quasi in colpevole perché "svergognata"; per rifiutare il matrimonio riparatore, che all'epoca era visto come l'unico modo con cui una donna poteva salvare l'onore perduto da lei (e, di riflesso, pure dalla sua famiglia) avendo rapporti sessuali prima del matrimonio, consensuali o meno che fossero; non solo, ma l'articolo 544 del codice penale, poi abrogato, prevedeva addirittura che il matrimonio riparatore estinguesse il reato di violenza carnale, all'epoca considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona. Anche se in un'intervista Franca Viola ha tentato in qualche modo di ridimensionare ciò che aveva fatto: «Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l'ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori».
Concedere a questa vicenda il giusto spazio nei libri di scuola non sarebbe che il primo gesto per una revisione dei testi scolastici in un'ottica di genere, ma avrebbe già un grande valore simbolico, ed aiuterebbe moltissimo a creare, fin dalla più giovane età, una mentalità favorevole all'uguaglianza dei diritti fra uomo e donna e all'emancipazione femminile, una mentalità nella quale la violenza contro le donne e men che meno il femminicidio (una parola che non mi piace particolarmente, ma che rende tantissimo il concetto) non si reputi più ammissibile in nessun caso. Rimuovere un linguaggio sessista sarebbe il passo successivo: se cambiamo le parole, cambiano i pensieri e i comportamenti.

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