mercoledì 30 dicembre 2009

Elementare? Non proprio...

Fino a un paio di settimane fa, se qualcuno mi avesse chiesto che cosa sapevo sul personaggio di Sherlock Holmes, l'eccentrico investigatore nato dalla fantasia di Sir Arthur Conan Doyle, avrei risposto: che era dotato di un intuito e di uno spirito d'osservazione eccezionali, e che nel corso delle sue indagini ripeteva in continuazione al suo fido assistente «Elementare, Watson!». Poi, su consiglio di un appassionato come maury, ho letto Uno studio in rosso, il primo romanzo della serie, trovandovi conferma delle straordinarie doti investigative possedute dall'inquilino di Baker Street. Riguardo al secondo punto, invece, ho scoperto che non era vero niente: della celebre frase, nel libro che ho letto io, non vi è traccia (nella versione originale, dal titolo A Study in Scarlet, disponibile qui, l'unica occorrenza dell'aggettivo elementary l'ho trovata nel secondo capitolo: «Before turning to those moral and mental aspects of the matter which present the greatest difficulties, let the inquirer begin by mastering more elementary problems»). In generale, citando da Wikiquote...
Il modo di dire più tipico attribuito ad Holmes è la frase «Elementare, Watson!», quando egli spiega, con una certa sufficienza, all'amico medico la soluzione di un caso. In realtà questa celebre frase non è mai stata pronunciata. In una pagina della raccolta Le memorie di Sherlock Holmes, nel racconto "L'uomo deforme", Holmes, rispondendo ad una domanda di Watson, fa semplicemente uso del modo di dire: "Elementare!", riferito ad un suo ragionamento; ne "Il segno dei quattro" dice testualmente: "La cosa è di una semplicità elementare". La frase "Elementare Watson" ha fatto la sua apparizione in uno dei tanti film sul grande detective, conferendogli una certa dose di antipatia e supponenza senz'altro immeritate.
Perché ho voluto leggere proprio adesso qualcosa sul sempreverde detective? Ma per non arrivare del tutto impreparata alla visione del film omonimo, ovvio! :-) E ieri pomeriggio finalmente ce l'ho fatta, ad entrare in sala, dopo "soli" dieci minuti di fila alla cassa. Un giudizio in sintesi sulla pellicola, diretta dall'ex "Mister Ciccone" Guy Ritchie? Beh... divertimento puro, oserei dire: basta guardare il trailer. :-D L'indagine non si limita affatto al mero aspetto "cerebrale", ma c'è molta, moltissima azione: inseguimenti, sequenze che lasciano col fiato sospeso, scazzottate a iosa nelle quali lo stesso protagonista non si tira certo indietro... sfoggiando comunque una tecnica di combattimento davvero sopraffina!
Vorrei segnalare una battuta dal sapore steampunk, peccato che non me la ricordi esattamente: a un certo punto Sherlock (ma che è 'sta confidenza?! ;-)), alludendo alla possibilità di comandare un congegno a distanza mediante onde elettromagnetiche, commenta estasiato «Ma questo è il futuro!». E viveva nell'Ottocento... immagina cosa potrebbe dire se una macchina del tempo lo trasportasse fino ai giorni nostri!
Il cast mi è sembrato impeccabile, a partire da Robert Downey Jr. (con la suadente voce dell'onnipresente Luca Ward) che ha prestato la sua indubbia forte personalità al protagonista, a Jude Law nei panni di John Watson (conoscevi il nome di battesimo del dottore? ;-)), fino al diabolico antagonista Mark Strong alias Lord Blackwood. Non potevano mancare le presenze femminili, nella fattispecie Rachel McAdams e Kelly Reilly... e mi viene da chiedermi se i personaggi da loro interpretati trovino riscontro anche nei libri. Avendone letto soltanto uno, credo sia proprio il caso di astenermi da qualsivoglia giudizio sulla fedeltà all'opera letteraria, lasciando tale compito ai fedelissimi della serie. Posso soltanto dire che, dal mio punto di vista, il libro e il film sono senz'altro accomunati dalla mirabile abilità con cui il detective (palesemente aiutato dal narratore/sceneggiatore onnisciente, diciamolo! ;-)) riesce alla fine a districare l'inestricabile... ma pure dal fatto che, per apprezzare a dovere ogni aspetto, sento il bisogno di "tornarci sopra in un secondo momento": il libro conto di rileggerlo prima o poi, e, non appena il film uscirà in home video, vorrò sicuramente rivederlo, meglio se più di una volta.
Una curiosità: lo sapevi che Arthur Conan Doyle ebbe in un certo senso un ruolo nella vicenda dello sfortunato maratoneta italiano Dorando Pietri?

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